Il tempo delle prove. Il tempo degli sforzi. Il tempo del tenere duro. Il tempo del mordente. Il tempo della resilienza costante.
La canzone di Janis Joplin spinge alla resistenza dell’anima, a quel livello di sopportazione che siamo spesso dispost* a superare anche solo per un barlume di serenità, solo per un attimo di ossigeno. Per poi risprofondare. E allora il “prova” diventa un “devi”: devi riuscire, devi avere, devi correre, devi sorridere, devi piacere, devi uscire, devi parlare, devi accogliere le onde d’urto, devi essere forte…
Nella scorsa newsletter ti ho scritto del percorso di scrittura terapeutica che offro da qualche settimana (lo trovi qui) e ti avevo lasciato un esercizio con cui cimentarti, qualora avessi voluto “provare”, appunto. Si parlava di sogni, di desideri, della gratitudine che possiamo sentire per la nostra immaginazione. Di quanto sia liberatorio astenerci dal dovere per dedicare tempo e spazio ai bisogni (dove il bi è pleonastico di sogno: una bellezza etimologica), ascoltandoli, dando loro la dignità che meritano.
E allora il provare può diventare anche altro, provare a fermarsi, a pazientare, a non ostinarsi, a controllare il battito cardiaco, il respiro o, al contrario, provare a darsi voce, a urlare quando il dovere ci imporrebbe silenzio, a esprimere la nostra rabbia per ciò che sappiamo ingiusto. Provare a tendere la mano verso il prossimo, costruire una rete solidale, accettare la solitudine perché, in fondo, sappiamo di non essere davvero soli.
Nel dire questo, il riferimento dell’ultimo periodo è a un manifesto fittizio ma meravigliosamente attuale creato appositamente per la serie Disney+ Andor, progetto di Tony Gilroy. Il manifesto è opera di Karis Nemik, primo giovanissimo teorico della Ribellione. Puoi ascoltarlo qui sotto (di seguito, la traduzione).
Ci saranno momenti in cui la lotta sembrerà impossibile. Lo so già. Soli, incerti, sovrastati dalla potenza del nemico. Ricordatelo. La libertà è una pura idea. Sovviene spontaneamente e senza istruzioni. Atti insurrezionali casuali si verificano costantemente in tutta la galassia. Ci sono interi eserciti, battaglioni che non hanno idea di essersi già arruolati per la causa. Ricordate che la frontiera della Ribellione è ovunque. E anche il più piccolo atto di insurrezione spinge le nostre linee in avanti.
E poi ricordate questo. Il bisogno di controllo da parte dell’Impero è così disperato perché è immancabilmente innaturale. La tirannia richiede uno sforzo costante. Si corrompe, ha delle falle. L'autorità è fragile. L'oppressione è la maschera della paura. Ricordatelo. E sappiate questo, verrà il giorno in cui tutti questi scontri, tutte queste battaglie, questi momenti di sfida avranno così tanto eroso gli argini dell'autorità dell'Impero che, infine, ve ne sarà uno di troppo. Basterà una sola azione per spezzare l'assedio. Ricordatelo. Provate.
Ti dirai che forse è un po’ troppo. Che stiamo parlando di una serie TV, per Dio, non di vita vera! Che non te ne fai nulla di tutto questo, perché è solo superficie; il disagio, quello vero, è talmente profondo e incancrenito che non vi è modo di provare. Si può solo andare avanti a testa bassa.
E io - umilmente, davvero - ti rispondo di non dimenticarti mai che non siamo monadi, sperse particelle prive di legami con la realtà. Tu ed io non viviamo in una dittatura, ma altre persone la subiscono ogni giorno. Tu ed io non siamo censurati, ma altre persone non possono parlare. Tu ed io siamo liber* - per quanto ci possa, talvolta, sembrare il contrario - ma altre persone la libertà non l’hanno mai conosciuta. E allora, forse, la presenza di dittatura, l’estremismo, il silenzio coartato, i conflitti, la violenza, il razzismo, la paura di non sopravvivere dovremmo sentirli anche noi, dovremmo provare a immaginarli anche solo per un insostenibile secondo, provare a capirne i motivi.
Una prova difficile che, tuttavia, può partire dalle piccole cose: provare ogni giorno a creare spazi di verità condivisa, polmoni di cultura, divulgare virtute e canoscenza. Sì, è il motto di cui mi sono appropriata ma è qualcosa che appartiene a tutt*.
E quindi, io “provo” anche oggi…
Cose che tornano
Presentazioni
Giovedì 5 giugno alle 19 presso la oramai mitica Ubik di Milano Lorenteggio, avrò il piacere di presentare Michele Marziani e il suo “Il bandito”, romanzo breve ma intensissimo che si svolge poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Siamo in Valsesia e uno sparuto gruppo di banditi, capeggiati da Pietro, invecchiato ma pieno di sogni, si barcamena alla bell’e meglio in un mondo che cambia troppo velocemente e che non comprende più l’importanza della libertà.
Momenti di lettura
Il laboratorio sulla saggistica “Saggio è bene” e il gruppo di lettura “Era meglio il libro (?)” concludono il percorso prima dell’estate sempre alla libreria Ubik di Milano in via Lorenteggio 31 e anche online.
L’ultimo appuntamento dell’anno di “Saggio è bene” si terrà lunedì 16 giugno a partire dalle 19.00. In lettura, per la tematica La strategie delle scomparse, abbiamo “Aparecida” di Marta Dillon, scrittrice e giornalista che, finalmente, dopo 35 anni dalla scomparsa della madre, Marta Taboada, può seppellirne le poche ossa esumate dall’equipe Argentina di antropologia forense in una fossa comune. Da desaparecida ad aparecida, Marta Taboada, è una tra le tante persone che, dopo essere stata sequestrata nel 1976, durante la dittatura di Videla, scompare nel nulla. Partiremo da qui per una più ampia contestualizzazione del ‘900 latino - americano.
Se ti vuoi iscrivere a “Saggio è bene” dal vivo trovi i biglietti qui altrimenti, se preferisci l’online, puoi scrivermi a sacchi.martina@gmail.com.
Leggere al museo
Il museo Poldi Pezzoli di Milano continua con il suo percorso Leggere al Museo, un’esperienza immersiva alla scoperta di brani di romanzi e racconti che trovano tra le sale, ricche di arte, l’ambientazione ideale. Qui trovi tutto il programma. Il prossimo incontro sarà:
Leggere al Museo kids – Storie di amicizia e di emozione, sabato 21 giugno dalle 15.30, per famiglie e bambin* dai 7 ai 10 anni.
Per iscriverti, puoi mandare una email a servizieducativi@museopoldipezzoli.it. Tutti gli incontri sono inclusi nel prezzo del biglietto.
La pillola di oggi
I libri non smettono mai di sorprendermi e insegnarmi cose che non conoscevo; potremmo dire che è un nutrimento costante, sconfinato, impossibile da assumere tutto, eppure sempre a disposizione. I libri sono la prova della capacità umana di non arrendersi.
Grazie a un libro ho scoperto una storia (strano eh'?). Anzi, grazie un libro e ad alcune opere d’arte. Ed è una storia leggera, perché oggi non vorrei privarti di un po’ di sana curiosità.
Ma iniziamo dalla storia con una domanda per te: sei mai stat* a una kermesse? artistica, musicale, sportiva, politica? Molto probabilmente sì. Chissà che tu non conosca anche l’etimologia della parola… Beh, ora te la racconto, ma prima: un’immagine.
Questa è la kermesse originale: da kerk + misse, kermis = messa di chiesa e, per esteso, festa del patrono. Si tratta, di fatto, di una sagra di paese, della durata di una settimana, tipica dei Paesi Bassi e della Francia settentrionale, risalente sin dal XIII secolo come evoluzione dei mercati annuali, alla fine dei quali si teneva una messa solenne.
Come Jan Brokken racconta nell’ultimo suo libro pubblicato in Italia da Iperborea, “La scoperta dell’Olanda”, tra le più rinomate kermesse rientra sicuramente quella di Volendam, piccolo porticciolo sul Markermeer, parte dell’insenatura su cui, a circa 20 km a sud, si affaccia anche Amsterdam.
Per gli artisti stranieri, durante la festa annuale emergeva un aspetto completamente diverso della società olandese… L’aspetto rustico, furfantesco, ubriacone, della baldoria sfrenata, lo skik, come lo chiamavano a Volendam, che compensava le dure fatiche dell’esistenza… Per una settimana, a Volendam ci si lasciava completamente andare… Ciarlatani, cartomanti, giullari, giocolieri, maghi e saltimbanchi arrivavano a frotte… Nel mio paese i “bambini della kermesse” erano quelli che vanivano al mondo all’inizio di maggio, esattamente nove mesi dopo la fiera… La kermesse era una festa e nessuna festa era importante e vivace come quella di Volendam.
Volendam divenne molto famosa tra metà ‘800 e metà ‘900 grazie alla capacità di attrarre artisti da tutto il mondo, artisti che alloggiavano allo storico Hotel Spander, fulcro della narrazione di Brokken. Vi sono passati davvero miriadi di pittrici e pittori, lasciano testimonianze imperiture sulle mura dell’albergo che, tra l’altro, offriva anche spaziosi atelier. Kandinskij, Pissarro, Signac, Picasso, Elizabeth Nourse e scrittori come Proust trovarono a Volendam l’atmosfera perfetta per esprimere le proprie doti (la luce, i costumi tradizionali degli abitanti, le dighe, i riflessi dell’acqua, i pescherecci, le suggestioni narrative, la goliardia delle kermesse…) e molt* presero parte alla vita del villaggio trasferendovisi per lunghi mesi.
L’hotel Spaander ha rischiato il fallimento ed è stato rilevato dalla catena Best Western che - probabilmente - ne ha fatto perdere un po’ di fascino. Per fortuna, però, molte opere sono rimaste a decorarne gli interni.
Ti dirai cosa possa c’entrare questa storia con il tema di oggi. Ebbene, se ci pensi si tratta del lasciarsi andare, del vivere la comunità senza freni, senza inibizioni, di prendersi il tempo per ridere, gozzovigliare, cantare, ballare e fare l’amore. La kermesse è un momento di gioia e, sì, anche di eccessi: insomma, è un momento liberatorio vissuto in compagnia durante il quale la solitudine dei giorni di lavoro, la stanchezza e la disperazione si attenuano in una catarsi collettiva.
Mi sembrava bello raccontartela.
Bene, per questa volta a posto così… Ah, giusto, due cose su di me, magari.
Sono nata a Milano, vivo nel quartiere Giambellino con Gerardo, non ho ancora un cane, ma ho delle piante in vita che mi sorprendono. Insegno materie umanistiche e italiano per stranieri. Ho una pagina Instagram che parla solo di libri. Sono un amante del vino, delle serie tv, della non fiction, della Clarks e delle Birkenstock. Mi lavo i capelli tutti i giorni e non sono rovinati, grazie.
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