Mi è sempre piaciuto far seccare i fiori. Talvolta la loro fragranza perdura a lungo, sorpassando lo scoglio del marcescente per trasformarsi in memoria olfattiva quando l’effluvio del petalo rimane un ricordo. E poi ne amo la delicatezza, quell’infinitesimale limite tra sfaldamento e resistenza. Forse qualcun* ci può vedere tristezza; io ne apprezzo la metafora del tempo che passa. Non è avvizzimento, ma persistenza di un’immagine che cambia e assume un’eleganza imperitura.
Questo è stato un periodo in cui il tempo-vita ha assunto un sapore particolarmente amaro e, per necessità, l’ho controbilanciato con l’assunzione di una buona dose di bellezza. La bellezza dilata il tempo, lo rende più sopportabile, solleva dalle spalle - anche solo per un attimo - un peso invisibile. Forse, qualche volta, il peso lo senti anche tu e allora con questa newsletter ti suggerisco alcune cose belle (tranne una) che potrebbero esserti d’aiuto.
Cose che tornano
Leggere al Museo


La collaborazione con il museo Poldi Pezzoli di Milano continua per tutto il 2025. Come ti ho raccontato nell’ultimo post, si chiama Leggere al Museo ed è un’esperienza immersiva alla scoperta di brani di romanzi e racconti che trovano tra le sale, ricche di arte, l’ambientazione ideale. Qui trovi tutto il programma. I prossimi incontri saranno:
Romanzi e racconti sulle apparenze: abiti, corpi e personaggi, sabato 30 marzo dalle 15.30, per giovan* e adult*.
Leggere al Museo teens – Personaggi in cerca di un quadro, domenica 5 aprile dalle 15.30, per famiglie e giovan* dagli 11 ai 14 anni.
Per iscriverti, puoi mandare una email a servizieducativi@museopoldipezzoli.it. Tutti gli incontri sono inclusi nel prezzo del biglietto.
Momenti di lettura
Il laboratorio sulla saggistica “Saggio è bene” e il gruppo di lettura “Era meglio il libro (?)” continuano il loro percorso alla libreria Ubik di Milano in via Lorenteggio 31 e anche online.
Per “Era meglio il libro (?)” non ci sono iscrizioni e puoi partecipare a prescindere dal percorso completo. Siamo al quarto incontro che si terrà martedì 15 aprile dalle 19.00; ci dedicheremo alla lettura e alla visione de “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, con la trasposizione in serie tv di Valeria Golino.
Il terzo appuntamento dell’anno di “Saggio è bene” si terrà lunedì 24 marzo a partire dalle 19.00. In lettura abbiamo due titoli a scelta o combinati: “Jerusalem Suite” di Battistini e “L’invenzione del Medio Oriente” di Faught. A partire da questi testi, scelti come spunto per la comprensione di una delle più devastanti tragedie odierne, tratteremo un tema molto attuale ma che, in realtà, risale all'alba dei tempi: l'arbitrarietà delle frontiere. Sin dall'antichità, l'uomo ha posto confini, barriere e muri per delimitare territori, per difendersi, per indicare il limite del proprio potere e, al contempo, quello degli altri. Tutto questo spesso a discapito di popoli, tradizioni, lingue, religioni. Faremo un viaggio nel passato per capire meglio il presente e il mondo che ci circonda.
Se ti vuoi iscrivere a “Saggio è bene” dal vivo trovi i biglietti qui altrimenti, se preferisci l’online, puoi scrivermi a sacchi.martina@gmail.com.
Presentazioni
Giovedì 27 marzo alle 19 da Frab’s Magazine, avrò l’immenso piacere di moderare un incontro su uno dei libri più interessanti del 2024, di cui già ti avevo parlato nella Pillola della terza newsletter. Crear sé stessa, un oggetto editoriale di grandissimo pregio anche per la ricerca che lo ha portato alla luce, grazie al lavoro svolto da Rina edizioni, in questo primo volume, raccoglie gli scritti di moda delle più prolifiche autrici e giornaliste a cavallo tra ‘800 e ‘900 - tra cui Matilde Serao, Rosa Genoni e Sibilla Aleramo -testimonianze di un processo di creazione di un’identità femminile, di costruzione di un ruolo sociale e non più solo domestico, di esempio di sorellanza. Le tematiche saranno svariate: dall’ondata degli ultimi anni del racconto di moda sui vari media a ciò che significa oggi scrivere di moda; dalle contraddizioni di un mondo che spesso ci pare distante e non sostenibile al senso che ancora la moda può avere.
Le cose belle (tranne una)
Tre mostre
Come dicevo, la bellezza. Alla costante ricerca di qualcosa che mi facesse perdere per qualche ora quella lucidità razionale che affolla i pensieri del quotidiano, ho esplorato Milano e i dintorni con grande soddisfazione. Qui ti parlo di tre mostre ora presenti a Palazzo Reale.
Palazzo Reale
George Hoyningen-Huene
La prima mostra che ti propongo, se sei appassionat* di fotografia ma non solo, è quella dedicata a George Hoyningen-Huene, Glamour e Avanguardia fino al 18 maggio. Ed è bello parlartene qui, perché torniamo a connetterci con qualcosa di cui ti ho già raccontato sempre nella newsletter n.3. In quel caso si trattava di Lee Miller, anch’ella fotografa, prima ancora modella e, fra le tante cose, allieva proprio di Hoyningen-Huene dal quale impara sperimentazioni e tagli di inquadratura innovativi.
Siamo negli anni ‘20 e ‘30 del XX secolo, Hoyningen-Huene lavorerà come fotografo di moda per Vogue France e, in seguito, per Harper’s Bazaar. La costruzione delle sue immagini rientra nel periodo surrealista, lavorerà con Man Ray, Dalì, Picasso, Cocteau e immortalerà i volti più iconici di Hollywood. Adoro i suoi contrasti, le ombre, i giochi di movimento e di immobilità, le forme plastiche che i corpi assumono senza perdere di eleganza, anzi, evidenziandola.






Casorati
Qui, per me, si tratta di grande amore. Sin dalla mostra a lui dedicata che vidi ad Alba alla Fondazione Ferrero, rimasi incantata dalla malinconica solitudine dei dipinti di Felice Casorati, queste figure statuarie e però, al tempo stesso, comunicanti un equilibrio precario. Le sue tempere forti, i ritratti netti, gli sguardi vuoti che rapiscono l’anima, la passione scenografica, l’acume dei dettagli. Casorati, nato nel 1883 e morto nel 1963, vissuto quindi a lungo, trasforma in momenti e fasi diverse un’arte complessa, estremamente sincera, diretta e che, tuttavia, non subisce grossi scossoni. Casorati sembra sempre tornare alla fissità come strategia per fermare il tempo, triste o felice che sia, onorandone il senso e il valore. La mostra, molto ampia e completa, si concluderà il 29 giugno.






Art Deco
L’ultima mostra visitata a Palazzo Reale è, forse, anche quella più immersiva, esperienziale, fascinosa. Art Déco. Il trionfo della modernità, infatti, è stata realizzata per la ricorrenza del centenario (1925-2025) de l'Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi, che affermò l’Art Déco come stile di perfetto equilibrio tra sfarzo e linearità. Troverete vestiti, quadri, filmati d’epoca, statuaria, disegni, suppellettili, ori, tessuti, tutto sullo sfondo di un blue klein sporcato d’ottanio che rende il contesto e l’atmosfera estremamente attraenti, sensuali. La mostra si concluderà, anch’essa, il 29 giugno.






Due serie tv
L’arte della gioia
Sebbene mi manchino ancora le ultime due puntate, posso già dire che la regia di Valeria Golino è riuscita a rendere omaggio e giustizia - con qualche licenza - a uno dei libri - e dei personaggi - più importanti e iconici del ‘900 italiano, nonostante il fatto che, ancora oggi di Goliarda Sapienza (e di molte altre come lei) vi sia ben poca traccia nei testi scolastici di canone letterario.
Interpretare Modesta non era cosa facile; la sua poliedricità, la sete di libertà, quella perdita di fanciullezza e ingenuità così traumaticamente precoci da renderla pericolosamente saggia e scaltra, un’anima che scalcia per l’indipendenza, per quella gioia che è vita di luce, cultura, sesso, amore, dolore, battaglie. Ecco, Tecla Insolia riesce nell’arduo compito, sebbene talvolta con una punta troppo accesa di sensualità che stona con il libro. Ottima anche la Principessa interpretata da Valeria Tedeschi, sopra le righe, dalla risata piena, istrionica.
Giusto una piccola chicca sulla fotografia scelta per la copertina del romanzo: si tratta di una delle immagini tratte da un servizio fotografico di Hoyningen-Huene dedicato ai costumi da bagno, manco a farlo apposta!
Non voglio aggiungere tanto altro, che come ti dissi parlando di M - Il figlio del secolo, non sono un’esperta. Si tratta di gusto e, qui, ci siamo.
Il gattopardo
Eccola, invece, la cosa brutta, il tasto dolente, il dente del giudizio che spacca le gengive. Se già l’hai vista e ti è piaciuta puoi tranquillamente non procedere oltre; se non ti è piaciuta, probabilmente i motivi saranno gli stessi miei. Se invece ancora non l’hai vista, due consigli: 1 - qualora non volessi spoiler evita la lettura e 2 - NON VEDERE LA SERIE SE NON HAI LETTO ALMENO IL LIBRO.
Ok, premessa: per me Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa è un libro magistrale, non sono oggettiva sotto questo aspetto. Letto e riletto più volte, non ha mai perso di fascino, di potenza, di senso. Amo moltissimo anche il film di Visconti, pur avendo lui scelto di tagliare gli ultimi due capitoli fermandosi alla scena del ballo, con un Principe di Salina che si allontana all’alba per le strade di Palermo, chino sotto il peso di chi già sa.
Al netto di costumi e scenografia, di grande stile e classe, la serie si perde in una sceneggiatura che segue strade improbabili e in gran parte prive di qualsivoglia rispetto nei confronti del testo. E qui puoi anche dirmi, giustamente, che è libertà della regia far ciò che desidera; hai ragione. Però purtroppo, come dicevo, non sono oggettiva.
Che Concetta (interpretata da Benedetta Porcaroli) - personaggio secondario nel romanzo, a parte l’ultimo capitolo - sia l’effettivo fulcro narrativo, è qualcosa che stona non solo perché è una netta invenzione ma, soprattutto, in quanto figura che gode di una emancipazione poco coerente con il periodo di cui si tratta. La vera donna “emancipata”, se dobbiamo puntare sulla libertà delle proprie scelte, è Angelica (interpretata da una Deva Cassel che non ha potenza), lo è sempre stata: arrampicatrice sociale che riesce nell’intento di farsi una carriera credibile laddove senza acume, scaltrezza e - sì certo - anche danaro sarebbe stato impossibile.
Il Don Fabrizio di Kim Rossi Stuart piange tantissimo. La sua non è un’interpretazione malvagia ma non convince. Sedara (l’attore Francesco Colella) è troppo astuto: sappiamo che è un uomo furbo dal libro, ma il suo lato comico, fuori posto, viene assorbito da un’estremizzata arroganza. Tancredi (l’attore Saul Nanni)…
No, niente, la smetto. Meglio. Però ti lascio un regalino, giusto per farti capire il motivo di tutta questa mia acredine.
La pillola di oggi
Passiamo ad altro, va. Torniamo alla bellezza, alla bellezza dei piccoli fatti storici, delle cose che spuntano dal passato.
Anni fa lessi un libro che aprì la strada alla mia passione per quelle che chiamo “le biografie degli anni”, quei saggi che raccontano le vicende di un anno come parti di un’esistenza comune, estrapolandoli dalla fissità del tempo e rendendoli vivi nella memoria. Il libro è 1913. L’anno prima della tempesta di Florian Illies e parla, ovviamente di un periodo storico ben definito, all’alba della tempesta del primo conflitto mondiale.
La vera pillola, però, non è questo libro (comunque bellissimo) ma qualcosa che in esso viene raccontato.
Nell’aprile del 1913, infatti, viene pubblicato quello che diventerà il best seller dell’anno. Ti chiederai: sarà forse un libro di Thomas Mann, sarà la Deledda? Eh no… Si tratta de Il tunnel sotto l’oceano di Bernhard Kellermann, autore tedesco che con questo titolo vende in quattro settimane 10 mila copie e dopo appena sei mesi sono già 100.000.
Quando lessi questa storia, mi chiesi
come fosse possibile che non ne sapessi nulla. La letteratura di quel periodo è per me fonte di grande soddisfazione e non avere idea di chi fosse Kellermann né tanto meno aver mai sentito parlare del suo romanzo mi lasciò una curiosità senza pari. Quindi mi misi a cercarlo convinta di trovarlo facilmente. E invece… Fuori catalogo da decenni, anzi dal secolo scorso. Ne esistono copie, però, e una me la sono accaparrata senza troppe difficoltà. Eccola qui sotto.


Ma di cosa parla questo libro? Di utopia, della velocità del progresso, del sogno di un uomo di realizzare un progetto avveniristico che al suo termine sarà già sorpassato. In sostanza è una grandissima metafora di quegli anni in bilico tra ombre e speranze.
Mac Allan, ingegnere americano, vuole costruire una galleria tra New York e l’Europa, una galleria sotto l’oceano, un collegamento per il futuro. Sembrerebbe pura fantascienza se Kellermann non avesse inserito materiale che ci rimanda costantemente alla realtà: operai che muoiono, sindacati in subbuglio, incidenti, speculazioni in borsa, intoppi, ostacoli, paure. Quel tunnel viene finito in 24 anni e il primo treno attraversa l’oceano in 24 ore. Ma su di esso non è salito nessuno. Il progresso ha superato il progresso e, ora, è il cielo con i suoi aeroplani a fare da padrone. In metà del tempo.
Bene, per questa volta a posto così… Ah, giusto, due cose su di me, magari.
Sono nata a Milano, vivo nel quartiere Giambellino con Gerardo, non ho ancora un cane, ma ho delle piante in vita che mi sorprendono. Insegno materie umanistiche e italiano per stranieri. Ho una pagina Instagram che parla solo di libri. Sono un amante del vino, delle serie tv, della non fiction, della Clarks e delle Birkenstock. Mi lavo i capelli tutti i giorni e non sono rovinati, grazie.